Quante volte, al cospetto di un malato inguaribile, ci ritroviamo a pensare a noi stessi e a quanto inadeguate possano risultare le parole, quando intorno la disperazione si impone con un silenzio assordante. In questo silenzio vitreo, le frasi fatte, le mezze verità e i bisbiglii impacciati cadono a terra come lastre di piombo, a pavimentare scivolosamente la distanza che ci separa dalla sofferenza altrui. Una distanza che rischiamo di non percorrere mai, piena com'è dei nostri sensi di colpa - la colpa di essere, per ora, i sani - e della paura di specchiarci nella malattia e nella morte, lasciandoci sfiorare dall'ombra nera di un destino indesiderabile. Chi sceglie di incontrare l'altro nella sofferenza impara che le parole, gli sguardi e i gesti reciproci, anche minimi, hanno un peso che si può misurare con grande precisione, un peso che non si può correggere, un peso difficile da calibrare. Soprattutto, un peso che ha a che fare con il profondo di noi stessi. Nella pratica dell' Arpaterapia, l'operatore, formato al contesto clinico, lascia che sia la musica, non la parola, ad esprimere la qualità delle sue intenzioni, tessendo un intreccio sonoro capace di mettere in relazione i silenzi, gli sguardi, i gesti e persino le parole di tutti i presenti, coordinando le individualità caotiche in un contrappunto indulgente e flessibile, tenuto insieme da un'intensa ed intima volontà di bene. Quando si parla a qualcuno, si può dire il vero, oppure il falso, e tutta la gamma di contenuti che sta in mezzo a questi estremi. Si può dire qualcosa senza crederlo, e risultare poco credibili. Quando si suona per qualcuno nel contesto delle cure di fine vita, garantite la perizia musicale e l'integrità delle intenzioni, si va oltre i limiti della parola e si è sempre veri - graditi o meno, certo - ma sempre veri, ipocriti mai. Ed i sofferenti, tutti, indistintamente, respirano con sollievo quest'aria lieve, si raggomitolano in questo porto franco che è la relazione musicale, espressione dell'inesprimibile e barriera invisibile ai rumori di fondo di quello scenario, spesso grottesco, in cui la modernità ha finito per collocare la cura. Per questo esiste Infinitamusica e di questo si occupa prima di tutto: quando non c'è più nulla da fare, quando l'ineluttabilità di ciò che deve avvenire gonfia i cuori e serra le gole, la musica terapeutica d'arpa, utilizzata con sapienza tecnica ed umana partecipazione, dà voce all'ultima relazione possibile, accompagnando la fine della vita con primordiale naturalezza, sfumando i confini del limite e facendo eco al suono dell'oltre.
1 Commento
17/6/2018 11:53:31
Il vivere quotidiano è governato dalla programmata visione di una società in cui l'attimo estremo è stato bandito, dimenticato, allontanato, perchè è fonte di paura e terrore panico. Per garantire e perpetuare questo stato mentale alterato utile ad addormentare le coscienze esiste un solo ed unico mezzo: il Suono. La cosa sconcertante e purtroppo affascinante nella sua terrificante potenza è sapere che tale arma non esiste fisicamente, ma è creata da ciascun individuo in piena libertà.
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